Perché in passato nei ritratti non si sorrideva?
Cultura e tecnologia alla base di una curiosità estetica
Un qualcosa che sicuramente avrete notato andando in giro per musei d’arte o quantomeno studiando storia a scuola, la gente nelle vecchie foto e nei vecchi dipinti non sorride mai. Bismarck non sorrideva, Mark Twain, Victor Hugo e nemmeno scienziati del calibro di Guglielmo Marconi.
Dietro a questa curiosità si cela una storia interessante in cui si mescolano cultura, storia e tecnologia.
La questione risale a molto prima delle prime fotografie. Chi si fa un giro nelle gallerie di ritratti dei musei troverà pochissimi ritratti di gente sorridente. Il massimo che si può trovare, magari nel ritratto di qualche personaggio ambiguo o misterioso è un leggero sorrisetto “come quello della Monna Lisa”.
In passato il ritratto era una rappresentazione realistica del modello, una sua idealizzazione da rilasciare ai posteri. I sorrisi non avevano motivo di esistere nei ritratti perché quale re, nobile, mercante o imperatore avrebbe ritenuto che l’essere divertente fosse una qualità morale da immortalare in un ritratto?
Quando qualche secolo dopo comparve la fotografia, questa rimase a lungo in uno stato di sudditanza nei confronti della pittura e questo si vide anche nella ritrattistica. Ciò che valeva per i ritratti fatti col pennello valeva anche per quelli con le macchine fotografiche. Il fatto che nelle fotografie non bisognasse sorridere, come non si sorrideva nei ritratti, venne espresso in maniera estremamente chiara proprio da Mark Twain in una lettera inviata ad un giornale: “Una fotografia è il documento più importante e non c’è nulla di peggiore che passare alla posterità che con uno sciocco e stupido sorriso fissato sulla faccia per l’eternità”.
In realtà già nell’arte del Cinquecento i sorrisi erano relegati alle rappresentazioni degli strati più bassi della popolazione. Chi rideva era un ubriaco, un dissoluto e comunque di sicuro una persona volgare.
Ma con l’arrivo della fotografia ci fu un nuovo problema, anche per coloro che desideravano rompere le regole e riprendere soggetti ubriachi e sorridenti. Le prima macchine fotografiche avevano un lungo tempo di esposizione, molto più lungo del tempo medio in cui una persona riesce a mantenere un sorriso naturale. Sorrisetti o espressione serie erano molto più facili da mantenere rispetto a un largo sorriso che avesse anche un aspetto sincero.
Con il progresso della tecnologia, nel corso dell’Ottocento e soprattutto nel Novecento, divenne possibile fare foto che cogliessero l’istante del movimento, senza dare origine a un pasticcio sfuocato e sovraesposto. Altri due fenomeni procedettero insieme a questo progresso tecnologico: da un lato la cultura diveniva sempre più popolare e non c’era più bisogno di esprimere una costante serietà e solennità in ogni gesto, dall’altro fare fotografie diventava più semplice ed economico e quindi era possibile farne di più. Non era più questione di tramandare ai posteri la propria immagine con un unico ritratto o al massimo con qualche fotografia.
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